Il Presidente Napolitano ha indubbiamente ragione quando nega l’esistenza di un strumento legittimo per realizzare la secessione della Padania dall’Italia. L’art. 5 della Costituzione dichiara la Repubblica una e indivisibile e invano si cercherebbe una norma che consenta di incidere su questa unità e indivisibilità. A tutto concedere si dovrebbe preliminarmente procedere alla revisione costituzionale nelle forme di cui all’art. 138 per modificare l’art. 5, espungendone “unità e indivisibilità” quali essenziali caratteristiche della Repubblica italiana. E si tratterebbe solo del primo passo, della base indispensabile per avanzare poi legalmente la proposta di secessione.
Si potrebbe è vero evocare il diritto all’autodeterminazione dei popoli, come ha fatto l’on. Calderoli, ed è anche vero che, a differenza di un tempo, la scienza giuridico-costituzionale ritiene che le singole Costituzioni nazionali non siano sempre la più alta fonte del diritto e debbano a volte cedere di fronte a più elevate normative di carattere universale, come, ad esempio, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Tuttavia le Corti costituzionali oppongono una, per altro giustificatissima, resistenza a troppo estese applicazioni di questi nuovi principi principi e certamente quella italiana bloccherebbe qualunque tentativo di utilizzare il grimaldello dell’autodeterminazione per aggirare l’ostacolo posto dall’art. 5 a qualunque legale procedura secessionista.
E’ ugualmente vero che non è mai esistito uno Stato denominato Padania. Tuttavia ciò non toglie che i territori e le popolazioni padane costituiscano non solo una precisa entità sociale, culturale, economica ed anche geografica, differenziata per le sue caratteristiche dalle altre regioni italiane, ma che nel corso della storia siano stati costituiti in proprie formazioni politiche anche se non formalmente definite “padane”.
Lasciando da parte la Lega lombarda, troppo remota e comunque priva delle caratteristiche indispensabili per formare sia pure un abbozzo di Stato, la Repubblica cisalpina, del 1797 comprendeva buona parte dei territori padani (gli ex-Ducati di Milano e di Mantova, gli ex-Ducati d Modena e Reggio, le ex-Legazioni pontificie di Bologna, Ravenna e Ferrara, i territori veneti fra Adda e Adige con Verona e Rovigo – il resto del Veneto era stato ceduto da Napoleone Bonaparte all’Austria, mentre il Piemonte era stato incorporato alla Francia – la Valtellina).
Con il napoleonico Regno d’Italia (1805-1814) e i suoi successivi ampliamenti è ancora più evidente la coincidenza con la Padania geografica, dal momento che, escluso sempre il Piemonte, provincia, così come Roma e gran parte della Toscana, dell’Impero francese) lo componevano la Lombardia, l’Emilia-Romagna, il Veneto, le Marche settentrionali e una piccola parte dei territori toscani.
E’ poi abbastanza singolare che proprio nell’anno in cui si celebra il 150° dell’Unità si trascuri che il primo concreto progetto di unificazione, quello sanzionato nel 1858 dall’accordo sottoscritto a Plombiéres fra il conte di Cavour e Napoleone III, prevedeva la costituzione di un Regno dell’Alta Italia, esattamente coincidente con la Padania in quanto (a parte la Sardegna, tradizionale dominio di Casa Savoia) includeva Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna. Il fatto che le vicende storiche di quel tumultuoso periodo abbiano consentito al Regno dell’Alta Italia (momentaneamente realizzato di fatto con l’esclusione del Veneto rimasto austriaco a seguito dell’armistizio di Villafranca) di annettersi anche le entità politiche con le quali secondo gli accordi avrebbe dovuto convivere (Regno dell’Italia Centrale e Due Sicilie), divenendo così Regno d’Italia, non cancella la consapevolezza di molti politici e patrioti delle peculiarità geografiche sociali, culturali, politiche che, distinguendo questi territori, rendevano accettabile, e per molti addirittura auspicabile, la loro costituzione in un Regno distinto dalle altre regioni della Penisola..
Ovviamente ammettere l’esistenza di questa macro-regione (la si chiami Padania o altrimenti) non significa che questa non possa fare parte di una maggiore entità politica quale, appunto, la Repubblica italiana. Anzi, per quanto mi riguarda sono perfettamente convinto che la secessione della Padania se i popoli padani venissero democraticamente chiamati a pronunciarsi verrebbe bocciata a larghissima maggioranza. Ma proprio per questo non vi è ragione di negarne l’esistenza.