
In una conferenza tenuta a Bruxelles il 20 novembre 1947 De Gasperi affermava:
“Lo spirito di solidarietà europea potrà creare in diversi settori diversi strumenti di salvaguardia e di difesa, ma la prima difesa sta nello sforzo unitario che, comprendendo anche la Germania elimini il pericolo della guerra di rivincita e di rappresaglia”.
Dunque unità per evitare una terza guerra mondiale. In questo quadro si colloca il tenace impegno di De Gasperi e dei partiti democratico-cristiani in favore del reinserimento della Germania nel contesto europeo, dopo il secondo conflitto mondiale superando la iniziale tenace ostilità francese. E’ un campo oggetto di ricerche recenti ad opera di giovanissimi studiosi.
Nel quadro di questa preoccupazione iniziale di evitare un terzo conflitto mondiale si colloca la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), il primo passo verso l’unificazione, che tendeva proprio a eliminare uno degli oggetti storici della contesa franco-tedesca.
Nella Discoteca di Stato è conservata la registrazione delle dichiarazioni che De Gasperi fece al suo rientro dalla conferenza dei ministri degli esteri di Italia, Francia, Germania, Olanda, Belgio e Lussemburgo, tenutasi a Parigi il 23 e 24 luglio 1952 per l’attivazione del Piano Schumann. La Comunità Europea di Difesa (CED) è già presente sullo sfondo e De Gasperi affronta esplicitamente il tema del rapporto fra difesa comune europea e costituzione europea. La difesa comune – egli argomenta – imporrà notevoli oneri finanziari:
“Queste imposizioni fiscali condurranno a realizzare in gran parte una solidarietà finanziaria. E allora occorre che la Costituzione futura per essere qualcosa di concreto, prenda atto di queste necessità e sia contemporanea all’entrata in vigore della Comunità di difesa”
Difesa e costituzione si intrecciano; ma come arrivare alla Costituzione? De Gasperi teme la grande assemblea costituente “e che questa diventi come l’assemblea di Francoforte del 1848, con grandi discorsi… e arriviamo ai discorsi alla Briand, senza conclusioni”.
Non nega la possibilità della assemblea: “se qualcuno vuole andare sul binario grande, il binario solenne delle proclamazioni, il binario della Costituzione e dei costituzionalisti, lo faccia!”. Ma insiste perché non si rinunci all’altro binario quello che egli ha proposto e ottenuto inserendo nel patto della CED il famoso articolo 38; un articolo di garanzia per il quale la conferenza stessa della CED avrebbe assunto potere costituente in mancanza di altre iniziative. Suggestiva è la conclusione del discorso: il binario dell’articolo 38 afferma De Gasperi “per me rappresenta la sicurezza, è il cammino sicuro del montanaro, dal passo pesante che arriva senza dubbio alla vetta”. La dichiarazione va al di là dell’oggetto specifico: è la proclamazione di uno stile di concretezza di rigore, di realismo animato da una grande tensione ideale: è De Gasperi.
Il fallimento della CED ha lasciato una lunga scia nella storia d’Europa.
Nei lunghi anni della guerra fredda la politica europeistica di De Gasperi si intreccia con la scelta atlantica. Alla domanda spesso riemergente su quale delle due scelte, la scelta europea o la scelta atlantica, sia venuta prima, penso si debba rispondere che la scelta europea precede culturalmente ma che la scelta atlantica, con il delinearsi della guerra fredda, prende poi politicamente il primo posto.
Il disegno di unificazione dunque rimane a lungo condizionato dalla politica atlantica, anche se De Gasperi per primo e poi i suoi successori, hanno saputo nella fedeltà alla scelta atlantica dare spazio alle responsabilità italiane nell’area mediterranea e quindi anche a una prospettiva europea.
Mi sembra importante sottolineare quanto diverso da allora si presenti oggi l’impegno per l’ Europa.
Tutto cambia dopo il crollo del muro di Berlino e dell’Unione sovietica.
Allora molti pensarono che si aprisse una nuova era di pace, non più dominata dall’ “equilibrio del terrore”. Vi fu perfino chi si spinse ad ipotizzare “la fine della storia”
Ma è bastato poco più di un decennio per far cadere le grandi illusioni alimentate da quegli eventi.
Sono riemersi vecchi problemi che la guerra fredda aveva ingessati entro i suoi ferrei equilibri. I contrasti etnici hanno devastato il continente africano. Invece della pace abbiamo avuto il moltiplicarsi delle guerre locali.
E’ rinata, con la crisi della Jugoslavia, quella “questione balcanica”, che aveva dominato gli inizi del secolo ventesimo; forme di “pulizia etnica” hanno fatto riemergere i mostri del razzismo.
Gli squilibri a livello mondiale si sono aggravati. Il problema dei limiti dello sviluppo e dei limiti delle risorse fondamentali per la vita umana si è imposto come condizione stessa del futuro dell’umanità. La globalizzazione dell’economia, affidata esclusivamente alle dinamiche del mercato, non risolve spontaneamente questi problemi, anzi li aggrava.
Quel ruolo di garanzia della pace nel continente, pensato alle origini, assume dimensioni allora impreviste. La nuova realtà sfida tutte le culture politiche di un tempo e interpella l’Europa, il cui ruolo non può essere pensato che in dimensioni planetarie.
All’inizio del nuovo secolo l’attacco alle Twin Towers di New York dell’11 settembre 2001 apre una fase nuova della storia che investe anche i rapporti fra Stati Uniti ed Europa.
L’Europa ha affrontato la nuova fase storica in condizioni di estrema debolezza, divisa al suo interno e in una situazione istituzionale di transizione verso una unità politica ancora incompiuta. Si è sentito drammaticamente il vuoto creato dal fallimento della CED.
La via della pace è oggi quella di un ordine giuridico internazionale garantito da un forte e riconosciuto potere: è la via dell’ ONU, di una ONU liberata dai condizionamenti che al suo ruolo sono stati imposti dalla guerra fredda e dal contrasto fra le due superpotenze.
Oggi il progetto di Europa si inserisce fatalmente in questa nuova prospettiva di dimensioni planetarie. Tocca alla vecchia Europa, ricreare le condizioni di un multilateralismo che riequilibri la potenza americana.
Queste nuove dimensioni planetarie del compito dell’Europa ci fanno sentire lontano il progetto di unificazione europea così come fu concepito dai padri fondatori.
[Testo tratto dalla Lectio magistralis “Alcide De Gasperi tra passato e presente”, tenuta da Pietro Scoppola a Borgo Valsugana (TN) il 19 agosto 2004]