Non si placano ancora – in questa società che trangugia senza sosta notizie che poi rapidamente dimentica – le polemiche nate attorno all’ultimo dei “soliti gesti rivoluzionari” al quale papa Bergoglio ci ha ormai abituati. Stavolta, si tratta di alcuni bambini battezzati dal Santo Padre durante la messa di domenica 12 scorso: tra loro c’era una piccola figlia di genitori sposati con il solo rito civile.
Non si è mancato di sottolineare che questo è il primo caso in cui un papa solennemente compia un rito del genere destinato al frutto di nozze non religiose: acuta osservazione pari per finezza e profondità almeno alla scoperta dell’acqua calda. In effetti non esistono precedenti specifici, anche perché è relativamente raro che sia il sommo pontefice a celebrar di persona un sacramento che – ricordiamolo a chi forse lo ha dimenticato – in caso di necessità qualunque credente laico può amministrare. E’ d’altronde chiaro che, con gesti come questo, il papa ha voluto sottolineare l’importanza da lui attribuita alla pastorale, quindi al contatto diretto con i fedeli. Né c’è nulla di straordinario nel fatto che i genitori della piccola battezzata dal pontefice siano e restino, per la Chiesa, “pubblici concubini”. Essi hanno evidentemente sollecitato l’onore che è stato loro attribuito attraverso il sacramento ricevuto dalla loro figlia: e con ciò si sono confermati cattolici, per quanto consapevoli che la loro posizione è, sul piano ecclesiale e canonico, “irregolare”. Ma senza dubbio al papa non è nemmeno passato per la mente che ciò potesse ostare all’accoglimento di una giovane vita in grembo alla Chiesa: da cardinale, nella sua Argentina, lo ha fatto anche con figli di genitori non sposati in alcun modo. Non esiste norma ecclesiastica che vieti il battesimo di persone i genitori delle quali abbiano colpe o lacune di sorta: semmai, al contrario, nel mondo cattolico si evita d’impartire il battesimo a soggetti in minore età, ritenendo che debbano essere i loro tutori ad assumersi la responsabilità cosciente della scelta. Il rito battesimale include da parte del battezzando l’esplicita rinunzia al peccato; domenica scorsa, i due genitori della bambina hanno pronunziato solennemente a suo nome le formule liturgiche relative, il che li impegna implicitamente a impartire alla piccola un’educazione cristiana. Lo faranno? E’ un loro problema di coscienza: comunque, il rito battesimale ha in qualche modo avuto l’effetto di riavvicinare anche loro alla conciliazione con la Chiesa. Atti del genere possono, dal punto di vista cattolico, produrre effetti insperati.
Il fatto è che, una volta riflettuto sull’importanza che papa Francesco attribuisce alla pastorale e alla vita comunitaria dei fedeli, non ci sarebbe altro da aggiungere. Non mi pare si renda un buon servizio a questo pontefice coraggioso attribuendogli la responsabilità di gesti sempre e comunque “rivoluzionari”. Il che, del resto, è un’arma a doppio taglio nelle mani di troppi gruppi “cattolici” costituiti da fanatici di opposto fronte. Date un’occhiata al variopinto mondo dei blogs per rendervene conto. Par di sognare: ma i “fedeli” o sedicenti tali sono sempre pronti, da “sinistra”, ad attribuire un valore innovativo se non addirittura sconvolgente ai gesti del papa; o, da “destra”, a criticarli nel nome della tradizione e dei bei tempi di Pio V o di Pio X e via blaterando. Il patetico lo hanno raggiunto le Anime Belle che, pur non osando – per ipocrisia – attaccare frontalmente il Santo Padre, hanno espresso tuttavia la loro “perplessità” dinanzi a un gesto che di per sé era pur ovvio e doveroso, ma che avrebbe dovuto essere compiuto a loro avviso con al “necessaria discrezione”, per non scandalizzare i devoti più disciplinati che hanno naturalmente in orrore il matrimonio civile: cioè, in termini più espliciti, gli odiosi Tartuffes come loro, che non arrivano nemmeno a rendersi conto dell’obiettiva vittoria della Chiesa cattolica in un evento che costringe due credenti indisciplinati a pronunziare formalmente, nel nome della loro figlia, le formule della “rinunzia a Satana”.
Papa Bergoglio non è né un conservatore né un rivoluzionario. Non cede un millimetro sulla dottrina della Chiesa e, in particolare, sulla gerarchia e sul magistero ecclesiastici. Ma, chiamato a governare la Chiesa all’inizio del XXI secolo, sa di non poter far la politica dello struzzo nei confronti dei problemi del nostro tempo, tra i quali ha un ruolo tutto speciale la crisi della famiglia. E nell’affrontarli ha detto e ripetuto che il primo posto va attribuito alla carità, all’ascolto, a quello stesso “dialogo” a proposito del quale tanti equivoci sono nati sia tra i cattolici sia tra gli altri.
Ed egli sa perfettamente che ci sono circostanze nelle quali le coscienze vanno scosse, e momenti nei quali ci si deve invece conformare alla semplice, umile pratica cristiana. Il mio vecchio parroco di cinquant’anni fa, che esercitava il suo ministero in un quartiere “rosso” della “rossa” Firenze e che era personalmente un fierissimo reazionario (ed erano i tempi nei quali i membri del Partito Comunista venivano scomunicati e il vescovo di Parto, monsignor Fiordelli, tacciava dal pulpito di “pubblici concubini” due giovani della sua diocesi che si erano sposati col solo rito civile), non esitava un istante a visitare tutte le famiglie “miscredenti” che lo accogliessero in casa loro durante il rito quaresimale della “benedizione delle famiglie”, e tantomeno a battezzare chiunque, in età tale da non poter decidere personalmente, gli fosse presentato da genitori che magari si dichiaravano atei, ma che comunque non volevano che i loro figli crescessero fuori dalla Chiesa.
Alcuni mesi or sono, papa Benedetto XVI, nella notte della domenica di Pasqua, battezzò personalmente un giornalista che si diceva musulmano ma che ormai ostentava il suo distacco dall’Islam. La persona che ricevette dal pontefice stesso il sacramento non esitò a parlarne pubblicamente in una prospettiva mediatica: salvo allontanarsi qualche mese dopo, deluso, dalla stessa Chiesa cattolica. In quel caso, il battesimo conferito a una publica persona poté suscitare i non ingiustificati sospetti che la buona fede del pontefice fosse stata strumentalizzata. Ma papa Francesco, accogliendo quella bambina figlia di genitori “laici” in seno alla Chiesa, ha solo compiuto il più semplice e il più meraviglioso degli umili gesti abituali di un prete nei confronti del suo gregge. E forse è proprio questa, solo questa, la sua autentica forza “rivoluzionaria”.
Franco Cardini