La democrazia è sempre, per sua natura e costituzione, il trionfo della mediocrità.
Questa affermazione di Idro Montanelli, riassume in maniera efficace il contenuto dell’articolo.
Le polemiche scatenate contro l’ignoranza manifestata da molti deputati del Movimento 5 stelle mi hanno lasciato piuttosto perplesso: facendo una valutazione non approfondita, l’ignoranza di molti eletti ed elettori grillini (quelli che si palesano davanti ai miei occhi su facebook e forum vari) è superiore rispetto all’ignoranza fisiologica dei parlamentari di altri partiti. Questo perché? La risposta è da ricercare nel metodo di selezione della classe dirigente grillina.
Ma andiamo per gradi.
I partiti di massa, soprattutto quelli che avevano un’ideologia forte, avevano due importanti funzioni: semplificare la scelta politica dell’elettore (riducendo i punti del programma ad un’unica ideologia in cui ognuno, più o meno si identificava) e formare il candidato tramite le “scuole di partito”. Queste ultime si sono estinte insieme al partito di massa.
Il modello di partito che è seguito, più “leggero”, ha fatto perno sul programma piuttosto che sull’ideologia, sulle singole personalità piuttosto che sul gruppo e ha optato per un metodo più “burocratico” o, meglio, clientelare della classe dirigente. Comunque il partito ha continuato a fungere da filtro tra la carica di attivista a quella di candidato.
Il sistema delle primarie e delle “parlamentarie” e, quindi, la condivisione più o meno trasparente della scelta dei “presentabili” con la base del partito (o dell’elettorato), ha incrinato questo meccanismo.
Il Movimento di Grillo, invece, lo ha rotto definitivamente. Non c’è più un filtro.
La frenesia di partecipazione e democraticizzazione (più apparente che sostanziale) di qualsiasi tipo di scelta politica che ha appestato il sistema dei partiti del terzo millennio, ci ha catapultati in questa orgia politica, cloaca umana, che potremmo chiamare la mediocrazia[1].
La distribuzione e la condivisione ampia di responsabilità come espressione della libertà partecipativa hanno fatto si che la democrazia assumesse come sua maggiore qualità la quantità. L’aumento indiscriminato della quantità, sotto ogni punto di vista, ha ridotto la qualità della politica. E così, lo spettro dei deputati, la loro preparazione e le loro caratteristiche più in generale, si avvicinano sempre di più a quelle dell’italiano medio. Non è di certo un fenomeno recente ma ora è dirompente: quando la mediocrità entra in politica, soprattutto attraverso un “movimento di pancia”, dai sentimenti forti, come quello di Grillo, la politica smette di ragionare inizia ad occuparsi di questioni mediocri, in maniera mediocre.
Mi vien da ridere quando sento espressioni del tipo “Grillo è la fine della democrazia”. Al contrario, per i motivi suddetti e dal punto di vista da me valutato in questo articolo, ritengo che Grillo sia il successo della democrazia. Il trionfo della mediocrità, il prezzo più caro che la democrazia paga a se stessa perché essa diffida dagli uomini “eccezionalmente dotati” di weberiana memoria che non conoscono altra legittimità se non quella derivante dalla loro stessa forza ripetutamente confermata. Il principio stesso della maggioranza esclude a priori (e terminologicamente parlando) che chi vada al governo sia una élites politica; tale principio, se portato all’estremo attraverso improbabili primarie online, porta all’estremo anche la mediocrità dei rappresentanti.
Premiata la mediocrità e l’ignoranza, eccoci davanti ad un parlamento dove il turpiloquio aumenta, la grossolanità è caratteristica umana preponderante e l’incompetenza viene di fatto premiata. Grillo avrà pure raccolto malumori che la sorda e vecchia classe dirigente ha ignorato; ma ci ha circondato e si è circondato (probabilmente volontariamente) di un gruppo non preparato e sgangherato che la sola forza del web non può tenere insieme. Se questo sarà l’andazzo anche per gli altri partiti, allora prepariamoci a tempi duri, a tempi mediocri.