Domenica 21 aprile 2013. Il giorno dopo l’elezione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ad un secondo mandato, Nichi Vendola cavalca gli errori del Pd e i pericolosi equivoci di Beppe Grillo, dichiara che ci sono “forze assai potenti che impediscono al paese una svolta a sinistra. Si vuole impedire il cambiamento”, e fissa a Roma per l’ 8 maggio “l’assemblea del popolo” per il la ricostituzione o il rilancio della sinistra.
E’ chiaro che le divisioni interne del Pd e i plateali errori della segreteria Bersani gli hanno spianato la strada per il rilancio di un partito che alle elezioni non è andato oltre il 3% dei consensi, (un po’ poco per convocare il popolo). Ancora più importante però, per la riuscita del suo progetto, il gigantesco equivoco rappresentato dal Movimento Cinque Stelle, che, forse senza volerlo, ha portato alle estreme conseguenze la politica della vecchia Democrazia Cristiana, che raccoglieva voti a destra per fare una politica di sinistra.
In realtà Vendola conosce troppo bene il mondo della politica italiana per non sapere che dei nove milioni e mezzo di voti raccolti da M5S sono qualificabili di sinistra solo quelli (con ogni probabilità minoritari) provenienti dallo stesso Pd (già in forte calo al momento della competizione elettorale) e dalla defunta Italia dei Valori. Tutti gli altri provengono da elettori di destra e di centro, indubbiamente desiderosi di un cambiamento, ma nel senso promesso da Grillo: un superamento dei vecchi partiti, delle vecchie politiche e, anzitutto, della contrapposizione fra destra e sinistra. Tutt’altro, quindi, della svolta a sinistra, che Vendola pretende voluta dal popolo, ma impedita da “forze assai potenti”.
Ho già espresso la mia opinione (Voce di lunedì 22 aprile) sulle cause della colossale divaricazione fra l’elettorato 5 Stelle, la base e la designazione, ad opera di quest’ultima, dei candidati alla presidenza della Repubblica.
Vendola sa perfettamente che l’elettorato del Movimento di diversa provenienza non diventerà di sinistra solo per adeguarsi alla base del partito, che ha imprudentemente votato, e con ogni probabilità già alle prossime elezioni cercherà soluzioni diverse (o si rifugerà nell’astensione), ma sa anche che i deputati e i senatori “grillini” provengono tutti dalla base, e conta, quindi, su di loro per assicurare in parlamento alla “sua” sinistra per i prossimi cinque anni (salvo anticipato scioglimento delle Camere) una rappresentanza di fatto molto maggiore di quelle attribuite dagli elettori al suo partitino (Sel),
Del resto una parte, consistente, dell’elettorato 5 Stelle proviene dal Pd ed è certamente di sinistra sicché Vendola può effettivamente contare di acquisirla e in ogni caso di trarne nuova forza politica sia in parlamento (oltre tutto nel Pd poterebbero verificarsi scissioni o passaggi individuali di schieramento), sia e soprattutto nelle piazze. Lo si è visto già sabato sera, subito dopo l’elezione di Napolitano, quando la manifestazione davanti a Montecitorio contro il cosiddetto “golpe”, frettolosamente convocata e altrettanto frettolosamente disdetta da Grillo (in fondo il soggetto è più prudente di quanto potrebbero fare pensare le sue esagitate invettive), è stata subito fagocitata dalla sinistra extraparlamentare, che l’ha contrassegnata e marcata con le bandiere di Rifondazione comunista e le contestazioni, mentre era tranquillamente a cena con un amico, al parlamentare piddino Franceschini accusato di essere un “buffone” e un “traditore” per avere votato Giorgio Napolitano invece di Stefano Rodotà, che, dopo tutto, non era il candidato del suo partito ma dei Cinque Stelle e, appunto, di Vendola. Cioè di quella che è già la nuova sinistra.
Stavo ultimando questo articolo quando è arrivata la conferma dalle elezioni nel Friuli-Venezia Giulia, svoltesi subito dopo la riconferma del presidente della Repubblica: enorme aumento dell’astensionismo rispetto alle elezioni di appena due mesi prima, dal 77,12% a poco più del 50%. Soprattutto consistente diminuzione del candidato M5S dal 27,22% al 19,21%, mentre la coalizione di centro-sinistra è passata dal 27,48% al 39,39% e quella di centro-destra dal 27,98% al 39,0%. In numeri assoluti il candidato presidente ha ottenuto 103.133 rispetto ai 196.218 conseguiti a febbraio dal Movimento. 93.085 voti lasciati per strada in due mesi (o, più probabilmente, in due giorni) non sono pochi, tanto più che ancora peggio è andata alla lista grillina: 54.952 voti pari al 13,75% dei votanti.
Francesco Mario Agnoli