“Possente, incoercibile, è la forza delle cose che non sono”. Così scriveva l’evoluzionista eruditissimo Arturo Graf aprendo il suo celebre libro dedicato al diavolo. Prima di lui, e ancor più forse dopo, moltissimi letterati e/o studiosi – per tacer dei musicisti e dei pittori – avrebbero dedicato al Signore delle Tenebre le loro fatiche. Come avrebbero fatto mai, senza il diavolo, Dante, Marlowe, Goethe, Gounod, Dosto’evskji, Musorskji, Bulgakov e Papini? E come avrebbe fatto il cinema, da Alan Parker a Roman Polanski? Oggi, poi, il diavolo è diventato perfino un agente di vendita di un giro consumistico immenso che dalla musica va alla gadgettistica.
E, nei giorni scorsi, papa Francesco torna a parlare del diavolo. Orrore e raccapriccio, vergogna e scandalo. Ma come, un papa così “aperto”, addirittura comprensivo nei confronti delle coppie gay, e poi eccolo lì, ricadere in quella goffa superstizione medievale… Il fatto è che voi, laicistucci e progressistelli, del cristianesimo cattolico e di Santa Romana Chiesa non capirete mai nulla.
E’ davvero così strana, questa faccenda della realtà del demonio? Laicisti, agnostici e atei (lasciamo da parte, per amor di decenza, gli “atei devoti”) sono gente davvero bizzarra: sollecitano il colloquio con i cattolici, eppure dovrebbero pur ben sapere che si tratta di gente squilibrata, che crede non solo in Dio – questa favola medievale ritagliata nell’ignoranza, nella superstizione, nella paura… – ma anche nella resurrezione dei corpi fisici alla fine dei tempi e perfino nel fatto che basta che un tizio a ciò abilitato, fosse anche il più incallito dei peccatori, pronunzi quattro parole rituali su un pezzetto di pane azzimo perché esso si trasforma magicamente nella carne e nel sangue di Dio (perché Dio è divino ma anche un corpo umano: valli a capire, quei matti). Attenzione: si trasformi realmente, non simbolicamente.
E allora, cari laicistucci e progressistelli, se accettate senza batter ciglio assurdità del genere o se comunque fingete di rispettarle, razza d’ipocriti che siete, potete poi davvero sentirvi in diritto di meravigliarvi e di scandalizzarvi quando un vecchietto ex-peronista parla anche del diavolo e assicura che egli esiste? L’esistenza di spiriti perversi – millenni di storia e decenni di psicanalisi e di antropologia culturale dovranno pur esser serviti a qualcosa – è pur sempre molto meno scandalosa da accettarsi che non la transubstanziazione o la resurrezione dei corpi.
Scherzi a parte, il problema è serio. La dimensione del “diabolico”, o quella (non esattamente la stessa cosa) del “demonico”, può sembrar problematica da affrontare dal punto di vista religioso: eppure, per paradossale che sia, è molto seria. Sia dal punto di vista delle religioni abramitiche, a carattere storico e trascendente, sia di quelle cosiddette “naturali”, a carattere mitico e immanente.
Del resto anche nel mondo cristiano in genere, cattolico in particolare, molti credenti perbenisti tendono a considerare tutto quel che riguarda tale argomento come qualcosa di correlato piuttosto a tradizioni desuete, o alla psicanalisi, o al folklore quando non sic et simpliciter alla superstizione. Un malinteso atteggiamento del genere è purtroppo tanto più diffuso quanto più culturalmente elevato è l’ambiente dei credenti: in ciò, sembra che la tendenza a “razionalizzare” la teologia sia frequente e diffusa. Il che non manca di determinare un pericolosissimo corto circuito rispetto invece al fenomeno del dilagante demonismo se non addirittura satanismo di ritorno in molti strati, soprattutto giovanili, della nostra società: un fenomeno che dovrebbe preoccupare se non altro per le sue connessioni sia con lo spaccio e l’uso della droga, sia con vari tipi di criminalità.
Per fortuna, a livello storico ci si comporta diversamente. Lo dimostra un convegno medievistico tenutosi di recente a Todi, gli Atti del quale sono stati raccolti in un corposo volume dal titolo Il diavolo nel medioevo (Spoleto, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, pp. 626, s.i.p.). Per adeguatamente qualificare questo grosso e importante libro, basti il tener presente che esso è aperto da uno scritto di un autentico illustre Maestro dei nostri studi, lo storico della filosofia medievale Tullio Gregory, autore a sua volta di una finissima monografia dal titolo Principe di questo mondo. Il diavolo in Occidente, edita da Laterza.
Intendiamoci. Contrariamente a quel che si crede, il mondo medievale non era affatto “ossessionato” dalla presenza e dalla figura del demonio: il nostro tempo lo è di gran lunga di più. La differenza è che nella cultura medievale il diavolo trovava un suo posto preciso nell’economia della creazione, laddove egli oscilla oggi tra il negativismo che tocca talvolta punte d’isterìa e un fideismo che non indietreggia dinanzi a nulla: nemmeno al ridicolo o, tragico rovescio della medaglia, al delitto. Qualcuno ha sostenuto che il capolavoro del diavolo nell’età moderna è stato quello di convincere tutti che la fede nella sua non-esistenza sia non solo razionale e “ragionevole”, bensì obbligatoria. A meno che una fede stravolta nel suo contrario non generi la religione “del Male”, il satanismo, nel quale convergono spezzoni di eresia, brandelli di occultismo e schegge impazzite di romanticismo kitsch. Nella festa di Halloween, figlia d’una dimenticata acculturazione celto-cristiana e del vuoto devastante lasciato dall’agiofobia protestante cui si è aggiunto il consumismo osceno del “genere horror”, demonolatria e satanismo fanno capolino fino a esplodere talvolta nel delitto che vorrebbe spacciarsi per sovrumano e invece è solo bestiale.
Il diavolo nel medioevo studia anzitutto una realtà effettiva e al tempo stesso incorporea, dunque di per sé immateriale, ma dotata comunque di poteri che la scienza del tempo razionalmente studiava e delimitava. E qui bisogna far attenzione: la scienza non è solo quella contemporanea, dinanzi alla quale tutti i sistemi scientifici precedenti debbono venir considerati come “pseudoscienze”. Si chiama scienza qualsiasi forma di sapere coerentemente fondato su propri presupposti e criticamente sviluppato: è poi ovvio che presupposti e sviluppi possono essere, nel tempo, superati e abbandonati, ma ciò non autorizza a parlare di quelle delle età passate come di “pseudoscienze”. La scienza fisica e cosmologica antica e medievale fondata sui quattro elementi empedoclei oltre alla Quintessenza e sul sistema geocentrico tolemaico, è stata scienza corretta finché la si è sviluppata senza che si presentassero ragioni per modificarne i dati: solo da allora il continuar ad usare convinzioni e ragionamenti desueti diviene un atteggiamento “pseudoscientifico”, come lo sarà la nostra scienza, quella attuale, dal momento in cui nuove scoperte e nuove invenzioni dischiuderanno alla nostra intelligenza orizzonti che per il momento non siamo in grado d’immaginare.
E’ con questa permessa che va letto un volume che tratta di come il diavolo veniva “razionalmente” trattato dalla teologia del tempo, che nella demonologia vedeva una parte dell’angelologia, la scienza teologica che studiava le “sostanze spirituali separate”. Ma le fonti propriamente teologico-filologiche erano complicate da altre, di differente natura: quelle agiografiche, le quali mostravano il demonio e la sua corte di diavoli all’opera nell’incontro con i santi; quelle mistiche, in cui un incontro concreto con il principe delle tenebre poteva dar luogo a molteplici risultati; quelle ereticali, che su di lui presentavano formule interpretative diverse rispetto alle verità sostenute dalla Chiesa; quelle magico-stregoniche, le quali in vario modo affrontavano il tema pratico del “come” manipolare quelle oscure potenze; quelle letterarie e leggendarie, che sovente adattavano al diavolo della teologia e della fede cristiane creature e figure desunte da sistemi culturali precedenti o subalterni; quelle iconiche, le quali si mostravano duttili nel presentare, magari anche non senza contraddizioni, forme e aspetti diversi di una realtà letta ora come fatto metaforico e simbolico, ora affrontata invece come dato effettivo e concreto. Né mancava chi, come Francesco d’Assisi, ricordava che i diavoli altro non potevano esser definiti se non come “gastaldi del Signore”, Suoi servitori e quindi a Lui subordinati e parte a loro volta del progetto della Creazione e della Redenzione. Una realtà misteriosa e contraddittoria. “Sono lo spirito che vuole sempre il male e opera sempre il bene”, dice il diavolo Mefistofele al dottor Faust nel capolavoro di Goethe. Un’affermazione paradossale, che va profondamente meditata. Qualcuno sostiene che in essa è racchiuso il senso stesso della Modernità.
Il cattolicesimo, confessione cristiana e come tale ramo di un albero religioso vigorosamente impiantato nel terreno della storia, si fonda sulla convinzione che esista un universo spirituale che non cade sotto i cinque sensi fisici – gli invisibilia, si dice in teologia – e che è dominato da presenze intelligenti, la massima delle quali è quel Dio creatore al Quale di recente papa Bergoglio ha attribuito il Big Bang, altra realtà sotto un certo aspetto “teorica” e “mitica” che però molti eletti spiriti scientifici considerano effettiva e sicura. Badate, laicuzzi del piffero, siamo fasciati dall’ignoranza, dalle incertezze, da Verità postulate che fingiamo di ritenere certezze sicure e comprovate. Il diavolo è una di quelle realtà spirituali e intelligenti nelle quali credono gli ebrei, i cristiani, i musulmani, e alle quali possono essere assimilate alcune realtà spirituali e/o demoniche presenti in infiniti culti mitico-religiosi. Con queste realtà, o con i loro effetti, antropologia culturale, psicologia, psicanalisi e perfino fisiologia e medicina (il cosiddetto “paranormale”) stanno facendo i conti da secoli. E voialtri che credete fermamente, o fingete di farlo, in entità astratte e immaginarie ancor meno palpabili – la libertà, la fratellanza, l’uguaglianza, la democrazia – poi vi scandalizzate se qualcuno crede nel diavolo? Ma andate al medesimo!…
Franco Cardini