Matteo Renzi dovrebbe inviare un bel mazzo di fiori a Beppe Grillo. Con le sue grida, le sue becere esternazioni, la promessa di Norimberghe mediatiche, di orride palingenesi, di pretese dimissioni, di ricoveri forzati a Cesano Boscone, è stato il grande elettore suo e del PD.
Nel mio giro di parenti ed amici sono sempre stati presenti un po’ tutti i partiti e tutte le tendenze (dalla destra alla sinistra), ma con una discreta maggioranza di “moderati”, orientati verso il centro-destra. Questa volta i moderati, terrorizzati dal comico buttatosi in politica e dai suoi piccoli aspiranti Robespierre e Saint-Just presenti in Parlamento (francamente, almeno a prima vista, uno peggio dell’altro), si sono convertiti in massa al PD, lasciandomi quasi solo a non votare per Renzi.
Anche se non ho seguito l’esempio di amici e familiari, debbo tuttavia riconoscere che probabilmente ho avuto torto a non lasciarmi contagiare dalla paura. Fortunatamente hanno rimediato i paurosi. Per una singolare e del tutto imprevedibile (difatti alla vigilia, e addirittura ancora in sede di exit-poll, nessuno l’aveva prevista) congiunzione degli astri della politica, il trionfo elettorale di Renzi potrebbe assicurare all’Italia risultati fino ad oggi insperati. In un’Europa che vede per la prima volta gli eurocrati seriamente e vistosamente ammaccati dalla ribellione dei popoli (primi fra tutti inglesi e francesi), fra i paesi che contano (i nuovi adepti dell’Est sono ancora economicamente troppo deboli) a sostegno del traballante apparato dell’Ue rimangono solo la Germania e l’Italia. Da ora in poi i sorrisini alle spalle dei colleghi (Hollande? Cameron?) la Merkel potrà farli solo con Renzi. E tuttavia Renzi non è (o non dovrebbe essere) Sarkozy dal momento che, pur distanziandosi da euroscettici e populisti, ha dichiarato in lungo e in largo che l’Europa deve cambiare verso, il che non può che significare (se manterrà l’impegno) un forte mutamento della politica fin qui imposta dalla guida tedesca. Del resto anche in Germania il neonato partito per l’uscita dall’euro ha avuto un discreto successo, pari al 7% dei consensi
Sempre grazie alla singolare congiunzione astrale di cui sopra il semestre italiano di presidenza europea avrà inizio fra appena un mese, quando ancora a Bruxelles, Strasburgo e Francoforte sarà viva l’impressione della massiccia vittoria del PD filo-Ue in Italia e dell’altrettanto pesante sconfitta negli altri paesi dei partiti (non importa se di centro-destra o centro-sinistra) sostenitori dell’establishment Ue. Potrebbe perfino verificarsi un fenomeno fino ad oggi mai visto: che l’innocua formalità del semestre di presidenza europea di uno dei paesi membri, serva non solo a qualcosa, ma addirittura a cambiare l’Europa a fondo e in meglio, non solo sul piano della politica economica, ma riportando al centro i cittadini, i popoli, la democrazia. Che questa possibilità tocchi all’Italia è un inaudito colpo di fortuna di cui andremo debitori a Renzi (se saprà sfruttarla), ma anche alla paura che Grillo (senza dimenticare, sullo sfondo, l’altrettanto capelluto, ma ancora più inquietante Casaleggio) ha saputo ispirare ai timorati e timorosi elettori italiani.
Francesco Mario Agnoli