Si avvicina il momento in cui il Consiglio d’Europa dovrà pronunciarsi sul reclamo proposto al Comitato europeo dei Diritti sociali dalla Ggil contro la norma della legge 194 (“Interruzione volontaria della gravidanza”) che consente ai medici che non vogliono praticare aborti di sollevare obiezione di coscienza.
Dal momento che i medici sono lavoratori ed in grandissima maggioranza dipendenti pubblici, a prima vista è difficile capire perché un sindacato dei lavoratori voglia eliminare quello che è comunque un diritto riconosciuto dalla legge ai lavoratori. Se lo debbono essere chiesti con qualche imbarazzo anche i dirigenti del sindacato, che, difatti, hanno scelto di presentare il reclamo senza battere, come solitamente fanno, la grancassa, e hanno abborracciato una specie di giustificazione di natura lavorativa fondata sull’affermazione che, a causa del gran numero di obiettori, l’obiezione di coscienza mette a rischio, oltre che l’immancabile salute delle donne che vogliono abortire, il diritto dei medici non obiettori a lavorare “in condizioni eque, dignitose e sicure”. Insomma un chiaro esempio di quello che era un tempo il tipico sistema padronale per dividere i lavoratori, metterli gli uni contro gli altri e fare i propri interessi. Ovviamente l’eventuale accoglimento del reclamo comporterebbe il licenziamento dei medici obiettori o, quanto meno, la loro discriminazione nei bandi di concorso per l’assunzione negli ospedali pubblici. Insomma non si può dire che la CGIL si stia attenendo ai suoi compiti istituzionali di sindacato dei lavoratori. Ma non c’è da stupirsi. Da molto tempo la CGIL si è lasciata alle spalle il sindacato e si muove come un soggetto politico attento assai più alla libertà d’aborto e alla trasformazione della società in senso radical-libertario che ai diritti dei lavoratori.
A sorprendere è invece il comportamento dei deputati del Pdl nel voto di martedì 11 giugno a Montecitorio, dove sull’aborto erano state presentate ben nove mozioni. Naturalmente quella più oltranzista (nella stessa direzione del reclamo della Cgil) era stata presentata dall’estrema sinistra di Niky Vendola (Sel), che chiedeva di limitare negli ospedali il numero degli obiettori (medici e personale sanitario) che si rifiutano di praticare l’aborto e proprio questa ha ottenuto, oltre a quelli di Sel e del M5S, il voto dei deputati del Pdl.
Anche in questo caso (con in più lo shock della novità) una bella contraddizione per un partito che, oltre a chiedere, in campagna elettorale, il voto dei cattolici, si definisce “della libertà” e mostra di combattere proprio, la prima delle libertà, quella di coscienza. Evidentemente vi sono libertà e libertà: le politicamente corrette e quelle scorrette. Difatti proprio i parlamentari del Pdl si sono fatti promotori della proposta di legge alla Hollande: “Uguali diritti per coppie gay e etero”.
Intanto la presidente della Camera Laura Boldrini in compagnia della neo-ministra, cannottista e ravennate d’adozione, Josefa Idem si sono recate a Palermo per la manifestazione di apertura del Gay Pride in corso in quella città dal 14 al 23 giugno. Che si sappia non sono invece previste autorevoli presenze governative e parlamentari per il Family Day (tradizionali famiglie etero), che si terrà sempre a Palermo il 22 e il 23 giugno.
Non siamo ancora alla Francia di Monsieur Hollande, ma ci avviciniamo a grandi passi.
Francesco Mario Agnoli