Comunicato Stampa n°1/2015
“Monsieur Hollande, je ne suis pas Charlie Hebdo”.
Contro la retorica della libertà giacobina.
A parte l’unanime e doverosa condanna per la violenta soppressione di vite umane, l’attacco del terrorismo islamico alla sede parigina della rivista satirica Charlie Ebdo ha suscitato, nei mass-media e nell’opinione pubblica reazioni parzialmente diverse. Alcune sottolineano in modo particolare i pericoli conseguenti alla sempre più massiccia presenza islamica in Europa fino al rischio della sua islamizzazione, come previsto, proprio per la Francia e per il non troppo remoto 2022, dal romanzo Sottomissione di Michel Houellebecq – fra l’altro uscito in libreria proprio il giorno dell’attentato. Altre (in particolare quelle ufficiali del presidente Hollande, del governo francese e di quanti si sono sentiti in dovere di identificarsi con il settimanale oggetto dell’aggressione, esponendo cartelli con la scritta “Je suis Charlie Hebdo”) mettono in primo piano l’attacco alla libertà di opinione e di espressione, vanto e perno di tutta la cultura occidentale, ma di cui la Francia si pretende, anche nella circostanza, la prima garante e paladina.
Soprattutto nei momenti in cui la tragedia dovrebbe insegnare il rispetto della realtà, non è possibile accettare senza un moto di sdegno questa rappresentazione di Stato, visto che in Francia la libertà di opinione procede quanto meno a corrente alternata. Una presa di distanza dalla mare di retorica che sta sommergendo l’Europa che va debitamente motivata.
Indubbiamente è vero che in Francia in tema di religione si può dire di tutto senza tenere il minimo conto della sensibilità delle persone per le quali la religione è parte essenziale della propria vita, in sostanza una libertà di offesa della quale Charlie Hebdo approfittava largamente dissacrando (spesso del tutto gratuitamente, cioè senz’altro scopo che quello di mettere in ridicolo) non solo la religione di Maometto, spesso maltrattata più sul piano politico che su quello strettamente religioso anche se nel caso dell’Islam questa distinzione tipicamente cristiana è difficile o addirittura impossibile, ma, ancor prima e ancor più, quella di Cristo.
Per converso in Francia, alla faccia della libertà d’opinione, si è processati e si va in galera per negazionismo (un reato che ha tanti aspetti quante sono le verità di Stato: l’olocausto ebraico, l’eccidio armeno, la schiavitù, e le altre di eventuale, futura approvazione). Non basta, perché se Charlie Hebdo era libero di pubblicare immagini orribilmente offensive anche per il più tiepido e svagato dei cattolici (la SS. Trinità impegnata in un’orgia gay, per Natale il parto della Madonna) in Francia si corre il concreto rischio di essere arrestati per omofobia solo perché, a sostegno della famiglia naturale, si indossa una maglietta con un uomo e una donna che tengono fra loro, per mano, uno o due bambini.
Evidentemente in Francia vi è immagine e immagine e, quindi, opinione e opinione: Come dire che si tratta di libertà di opinione condizionata al benestare del governo. Per questo è necessario andare controcorrente: “monsieur Hollande, je ne suis pas Charlie Hebdo”.
Questa ipocrisia, soprattutto perché sporca di sangue, è ancor più ributtante del solito. E non ha nulla a che vedere con la tutela della Libertà, ma molto con il totalitarismo morbido di una cultura laicista che non si perita di strumentalizzare anche l’eccidio.
CON PREGHIERA DI PUBBLICAZIONE
Associazione Identità Europea, www.identitaeuropea.it