Soros finanzia il Gender totalitario. Di Gianfranco Cei*

In questi giorni, il finanziare e magnate statunitense di origini ungherese George Soros è finito, suo malgrado, su tutti i principali quotidiani internazionali in seguito ad un attacco hacker che ha sottratto dai suoi server oltre 2.500 documenti privati.

I riservatissimi documenti trafugati sono stati prontamente diffusi su Internet, attraverso “Dc Leaks”, un portale interamente dedicato al materiale trafugato, innescando un’immediata e prevedibile bufera mediatica.

Nella homepage del sito gli hacker hanno pubblicato un post che chiarisce il motivo dell’attacco e della diffusione dei files:

George Soros – scrivono gli hacker –  è un magnate ungherese- americano, investitore , filantropo, attivista politico e autore che, di origine ebraica. Guida più di 50 fondazioni sia globali che regionali. È considerato l’architetto di ogni rivoluzione e colpo di Stato di tutto il mondo negli ultimi 25 anni . A causa sua e dei suoi burattini gli Stati Uniti sono considerati come una sanguisuga e non un faro di libertà e democrazia. I suoi servi hanno succhiato sangue a milioni e milioni di persone solo per farlo arricchire sempre di più. Soros è un oligarca che sponsorizza il partito Democratico, Hillary Clinton, centinaia di uomini politici di tutto il mondo. Questo sito è stato progettato per permettere a chiunque di visionare dall’interno l’Open Society Foundation di George Soros  e le organizzazioni correlate. Vi presentiamo i piani di lavoro , le strategie , le priorità e le altre attività di Soros. Questi documenti fanno luce su uno dei network più influenti che opera in tutto il mondo”.

UNA STRATEGIA GLOBALE Continue reading

Lutto per Identità Europea.

 

 

L’abbiamo saputo solamente ora, ad esequie avvenute. Vittorio Blini, anima e cuore della Comunità Giovanile di Busto Arsizio, sabato scorso è andato avanti.

E’ stato dall’inizio uno dei Soci anziani di Identità Europea. Uno dei nostri “grandi vecchi”, esempio di umiltà, caparbietà e disponibilità. E lunga visione. Avrei voluto che le nostre bandiere l’avessero accompagnato al suo ultimo viaggio su questa terra. Ma lui sa – come ha sempre saputo – che in realtà ci siamo.

Il suo ruolo quotidiano a Busto è stato d’importanza inimmaginabile. Più giovane, attivo, lucido, presente, puntuale di tutti noi. Il migliore degli esempi. Bastava incontrarlo per esserne sollevati.

Ora che manca si apre una sfida importante per il mondo che ha contribuito a creare: non lasciar disperdere il suo esempio.

Ad Elena e Checco, il nostro comune cordoglio e abbraccio.


Prego i nostri Soci ed Amici Sacerdoti di voler dire una Santa Messa per Lui, a nostra cura.


Adolfo Morganti

3° Presidente di

Identità Europea

FREE BRITAIN: NOTHING IS REAL…

L’irruzione della politica comporta la fine dell’acquario di Bruxelles?

Identità Europea da 20 anni combatte per dare spazio, fiato e una speranza all’Europa dei popoli. Di fronte al risultato del referendum britannico, prevenendo le scontate cortine di distrazione di massa, abbiamo qualcosa da osservare e qualcosa da dire. Siccome tutto ciò non finirà certamente sui giornali impegnati a condividere le medesime veline, approfittatene qui. E fateci sapere cosa ne pensate.

1. Il Regno Unito non è la Grecia.
In un mondo di eguali c’è sempre qualcuno più eguale degli altri. L’attuale Europa a tète bruxellois non fa evidentemente eccezione. Ricordate quando la Grecia cercò di scavarsi qualche spazio di manovra rispetto ai diktat della trojka tramite referendum popolare? Ricordate le minacce, i toni tonitruanti, l’abbaiare in tedesco, la mobilitazione massmediale europea contro l’arroganza dei greci, che pretendevano addirittura di votare sul proprio destino? Che differenza con i toni di oggi… Eppure il Regno Unito ha avuto dall’UE ben più della Grecia, a più riprese e fino in fondo. Chissà da dove nasce questa rispettosa acquiscenza al pelo del servilismo, mal travestita da rispetto per il verdetto popolare, di cui ai vertici comunitari odierni non importa un fico secco? Un piccolo aiuto per i più giovani: quali sono le due Somme Istituzioni dell’Occidente che da sempre hanno la propria  Sede Centrale a Londra? I primi tre che risponderanno correttamente vinceranno un autografo di Magdi Allam. Non spingete…

2. Il Regno Unito non è la City.
Più di un anno fa, un bel numero monografico di Limes sulla City e l’UK, sottolineava un dato: la siderale distanza sociale, economica e culturale che intercorre fra l’esiguo territorio – parte della città di Londra – in cui comanda la Borsa internazionale (e in cui migliaia di giovani europei sognano di andare a fare il cameriere per sopravvivere) e il resto del Regno Unito. Come sempre le statistiche, mescolando realtà inconciliabili, mimetizzano e mentono. Dire che il 52% degli inglesi ha votato per l’uscita dell’UE (e il 48% no) comporta la scelta di ignorare una lunga serie di linee di frattura: tra la City e il resto del paese; fra la Gran Britannia, la Scozia e l’Irlanda del Nord; fra le città e le campagne. Tra l’addetto di Borsa e il contadino Cornish, secondo voi, chi ha votato per andarsene? La prima buona notizia è che accanto al pesce d’acquario londinese, esistono ancora esseri umani nel Regno Unito. E dicono la loro. Continue reading

Profughi? Quanto è ipocrita Obama!*

Dunque Barack Obama dà lezioni all’Europa ricordando che “il mondo non ha bisogno di muri” e invitandola ad aprire le porte agli immigrati. Il discorso è molto politically correct e perfettamente in linea con i desideri dell’establishment transnazionale, di cui peraltro lo stesso Obama è espressione. Nessuna sorpresa, ma, pronunciato dal presidente degli Stati Uniti suona piuttosto strano.

Se c’è un Paese che da diversi anni cerca di tener le porte ben chiuse e che frappone ogni forma di ostacolo burocratico alla libera circolazione delle persone, è proprio l’America, come sa chiunque cerchi di trasferirsi negli Stati Uniti. Provate a chiedere la famosa green card. E’ come vincere alla lotteria. E la green card viene concessa prevalentemente ai Paesi occidentali, figuriamoci se sei originario del Nord Africa! L’Obama che si commuove per i rifugiati ed elogia la Merkel, collocandola “dalla parte giusta della storia”, si guarda bene dall’accogliere siriani, iracheni, afghani o libici. Quella gente in America non potrà mai arrivarci. Però è bene che sbarchi nell’Unione europea.

Non ci sarebbe dispiaciuto se, durante il suo periplo europeo, il presidente americano avesse riconosciuto, anche solo velatamente (non siamo così ingenui dall’immaginare una piena ammissione) che il dramma dei rifugiati non è dovuto a ineluttabili fatalità, bensì a ben programmate decisione militari e geostrategiche, volute, realizzate e imposte dai raffinati strateghi di Washington e sempre avallate dal Commander in Chief ovvero dapprima da Bush e poi dallo stesso Obama. Continue reading

LA DEMOCRAZIA SOVRANA DI PUTIN. UN MODELLO POLITICO PER I PAESI DELL’UNIONE EUROPEA. di Borgognone Paolo*

Vladimir Vladimirovic Putin, presidente della Federazione russa, è attualmente il politico più demonizzato al mondo  (dal “circo mediatico” liberale di sinistra). A Putin è infatti riservata la diffamazione a mezzo televisivo e stampa definita, da Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta, nel bel libro Governo globale, «trattamento Milosevic», in riferimento alla campagna di satanizzazione mediatica condotta, nel 1999, dalla pubblicistica liberal e radical-chic ai danni dell’allora presidente jugoslavo (impunemente rinominato “Hitlerosevic” della rivista di “sinistra” L’Espresso). La stessa Federazione russa viene descritta, dai media di cui sopra, come “di Putin”, lasciando maliziosamente intendere che il Paese sia trattato quale “proprietà privata” da una sorta di “autocrate-magnate”. Questi media, naturalmente, tralasciano (in maniera  volontaria) il fatto che la Russia non sia in alcun modo “di Putin” o di qualsivoglia altro politico, ma dei russi e delle loro tradizioni storiche. Se un politico e uomo di Stato come Putin, con il suo patriottismo, riesce a farsi rappresentante e interprete delle summenzionate tradizioni, politiche e spirituali, del popolo russo, ben venga. Infatti, l’unico Stato, se così lo si può definire, al mondo, oggetto privatistico di una casa regnante, è l’Arabia Saudita, autentica proprietà privata dei Saud. Tuttavia, questo i media liberali occidentali non lo scrivono e non lo affermano, essendo l’Arabia Saudita il principale alleato di Usa e Israele in Medioriente, preferendo accanirsi contro uno Stato sovrano e pacifico, la Russia, in quanto recitante, sullo scenario geopolitico globale, il ruolo di contraltare al dominio liberaldemocratico a stelle e strisce. Infatti, secondo Adriano Sofri, il pubblicista passato dalle urla maoiste (W Marx! W Lenin! W Mao Tse Tung!) degli anni di Lotta Continua agli odierni starnazzi e schiamazzi neoliberali (W Clinton! W Blair! W Emma Bonino!), Continue reading

SANTA MARTA: “QUELLA PERSECUZIONE ‘EDUCATA’ TRAVESTITA DI MODERNITA’ E PROGRESSO”.*

Nella Messa mattutina, il Papa afferma che “le persecuzioni sono pane quotidiano della Chiesa”. Sia quelle crudeli e sanguinarie, che quelle che tolgono la libertà a chi vuole manifestare i valori di Dio.

Ci sono persecuzioni crudeli, come quelle che subivano i cristiani nel Colosseo, sbranati dai leoni, e quelle che subiscono i fratelli e le sorelle del Medio Oriente o dell’Africa, fatti saltare in aria all’uscita della Messa. E ci sono persecuzioni “educate”: quelle, cioè, travestite “di cultura”, “modernità” e “progresso”, che ti rubano la libertà, la dignità e anche l’obiezione di coscienza se non ti adegui a leggi che “vanno contro Dio Creatore”. E guai a mostrare il valore dell’essere “figli di Dio”.

Francesco le accusa entrambe nella Messa a Santa Marta di oggi, affermando che “la persecuzione è il pane quotidiano della Chiesa”. Lo è sin dai tempi di Stefano, il primo martire che con la sua morte – narrata nella Lettura odierna degli Atti degli Apostoli – innescò una lunga scia di sangue che permea la Chiesa da secoli.

Pensiamo ai “piccoli martiri” uccisi da Erode, oppure i cristiani uccisi nelle arene per il pubblico ludibrio. “Noi quando facciamo un po’ di turismo per Roma e andiamo al Colosseo, pensiamo che i martiri erano quelli uccisi con i leoni…”. Continue reading

SUL PARTITO CATTOLICO. di Francesco Mario Agnoli

Lo riferisce La Croce quotidiana.it., adesso c’è anche un programma, ispirato alla Dottrina sociale della Chiesa in 26 punti di orientamento, che si possono discutere e certamente vanno approfonditi, soprattutto se  qualcuno di quelli che li propongono o li fanno propri saranno in concreto chiamati, alle prossime elezioni amministrative, a contribuire all’amministrazione di qualche comune italiano.  Stiamo parlando del Partito della Famiglia, che ha così superato l’obiezione principale (l’unica seria) che gli veniva mossa. A differenza della pur lodevole “lista elettorale” promossa nel 2008 da Giuliano Ferrara, non è  un  movimento monotematico, ma un autentico partito, in grado di dire la sua sui problemi che la realtà pone ogni giorno alla politica,

Antonio Righi nell’articolo “Profezia (?) sul Popolo della Famiglia (!)” pubblicato nel sito di “Libertà e Persona” si azzarda ad attribuirgli, quanto a consensi, una discreta partenza già alle prossima consultazione elettorale nelle città dove riuscirà a essere presente. Si può sperare che la profezia si avveri, ma anche se questa prima sortita fosse un flop (il tempo a disposizione per organizzarsi  è pochissimo) occorre avere il coraggio e la forza di insistere. Una discreta fetta della società sente sempre più forte l’esigenza di una proposta politica ispirata ai principi cristiani. Si tratta solo di fare capire che  l’iniziativa è seria e non si fermerà al primo ostacolo, alle prime, forse inevitabili, delusioni. Continue reading

LA LEZIONE DI BRUXELLES. di Adolfo Morganti.

A botta calda e fumi ancora in aria. Mentre i canali radio bollono di analisi approssimative e di giudizi critici nei confronti della polizia belga, una prima parola utile va detta.
Proprio oggi Arduino Paniccia intervistato alla radio ha fatto notare come già per la cattura del terrorista “pentito” ci si è dovuti arrendere all’evidenza: è sempre rimasto a Bruxelles, all’interno dei quartieri in cui la popolazione è a stragrande maggioranza musulmana; e non è stato nascosto da altri terroristi, ma da una rete di rapporti familiari ed amicali d’altronde tipici della società dell’emigrazione maghrebina.
La prima lezione di Bruxelles è che il modello di gestione dell’immigrazione belga ha definitivamente mostrato la propria irrealtà. In ciò il Belgio è sempre stato molto liberale: a fronte di un’apparente pace sociale, tutto veniva accettato come necessario e fatale: la creazione di interi quartieri del centro della capitale Bruxelles (e non delle periferie, come a Parigi) a stragrande maggioranza arabo-islamica era diventata un’apparente nota di colore, da mostrare ai turisti che per la prima volta venivano in Belgio.
Parallelamente la vita delle istituzioni europee sembrava scorrere su un altro pianeta, in uno stuporoso distacco burocratico ed illuminista dalla realtà…
Ora tutto ciò è andato in fumo, lacrime e sangue. L’illusione che basti dare spazi di (relativa) prosperità economica a chiunque per vederlo trasformare in un quieto borghese europeo è morta. Il che apre immensi problemi che la cultura moderna ha volutamente rimosso.
Tutto ciò non ha nulla a che vedere con anti-islamismi idioti all’Allam. Ha a che fare con un’altra idiozia: quella, tipicamente liberale, di considerare le identità epifenomeni dell’economia, e l’occidente il futuro dell’umanità.
Chissà che la dura lezione serva a qualcosa.

Adolfo Morganti, presidente dell’Associazione Culturale Identità Europea.

CULTURA E POLITICA NEL MONDO MUSULMANO DI OGGI. di Franco Cardini

Altro che “aureo libretto”, come si sarebbe detto una volta. Il libro che vi consiglio di leggere (P.L. Branca, P. Nocelli, F. Zannini, Islam plurale. Voci diverse dal mondo islamico, di prossima pubblicazione; ancora ne ignoro l’editore ma l’ho letto in manoscritto) – dietro la pacata e ragionevole apparenza, qua e là financo un tantino accademica – è una cannonata, un ciclone, un pugno nello stomaco dei bugiardi e degli ignoranti, un perfetto castigaimbecilli. O, se preferite, un ideale e inappuntabile Vademecum: un Companion, come ormai si preferisce dire. E magari, tanto per parafrasare il titolo dell’opera di un Grande, un’irreprensibile Guida dei Perplessi. Qui noi tutti finalmente troviamo, ve lo assicuro – e leggere per credere – tutto l’essenziale di quanto a proposito dell’Islam non è che non avremmo voluto sapere ma non abbiamo mai osato chiedere (anzi, lo abbiamo chiesto eccome, e perfino a gran voce: ricevendo ohimè il più delle volte risposte da arguti pennivendoli, da esperti per autocertificazione, da indecenti gazzettieri, da asineschi maîtres-à-penser, da vaticinanti cassandre, da insensati apocalittici e da furbastri integrati), quanto quello che in un modo o nell’altro ci è stato negato, nascosto, dissimulato, deformato da ritratti caricaturali di quelli che hanno fatto sembrar profili leonardeschi le vignette di “Charlie Hebdo”.

L’Islam: una fede e una legge antiche di tredici secoli, una cultura senza la quale – pensate non solo alla filosofia ma anche all’astrologia/astronomia, alla matematica, all’alchimia/chimica, alla medicina – le nostre Università medievali e la stessa fondazione della Modernità occidentale sarebbero impensabili. Oggi, una realtà che a vario e differentissimo titolo coinvolge un miliardo e seicento milioni di esseri umani – vale a dire quasi un quarto dell’umanità, venticinque persone ogni cento – e che da troppo tempo troppi politici e opinion makers inadeguati o in malafede calunniano distillando e propinandoci bugie, falsi stereotipi, ridicoli luoghi comuni ispirati oltretutto alla visione manipolata e distorta d’una realtà che riguarda solo alcune aree del mondo, pochi ambienti o paesi, ristretti gruppi o sodalizi. Un miliardo e seicento milioni di persone che vivono, che lavorano, che producono, che pensano, che lottano: e che da noi, secondo un infame politically correct ormai diventato perfino l’ideologia ufficiosa di qualche giornale e di qualche gruppo politico, sarebbero una massa di assatanati infibulatori, di feroci terroristi, di spettrali ideologi del “ritorno al medioevo”, di barbari invasori travestiti da migranti straccioni, d’ipocriti pronti ad invaderci e a sottometterci, di lapidatori, di tagliagole tagliateste e tagliamani, di sciupafemmine picchiafemmine ammazzafemmine. Continue reading

L’ATEISMO DI UMBERTO ECO: L’ESITO DI UNA GENERAZIONE. di Francesco Mario Agnoli

 

Umberto Eco (1932-2016)

Vedo che si continua a parlare con stupore della conversione alla rovescia di Umberto Eco, in realtà tutt’altro che sorprendente se la si contestualizza. Quelli della sua e mia generazione (sono di appena due anni più giovane – o meno vecchio -) sanno benissimo che i fermenti che portarono poi al famoso Sessantotto si manifestarono assai prima (il concilio Vaticano II è del 1962) nel mondo cattolico, dove il sempre latente pauperismo aveva cominciato a strizzare l’occhio al marxismo e prima ancora nella sua punta più irrequieta, anche perché più giovane, la Giac (Gioventù italiana di azione cattolica).
Nella Giac i primi contrasti, riguardanti soprattutto l’impegno politico a fianco della D.C. cominciarono a manifestarsi già agli inizi degli anni Cinquanta, portando (siamo nel 1952) alle dimissioni dell’allora presidente Carlo Carretto (che effettuò in prima persona e in modo radicale la “scelta religiosa” (con ripudio totale del collateralismo politico), che negli anni successivi venne fatta propria dall’intera Azione cattolica.
A Carlo Carretto succedette Mario Rossi, che, in pieno contrasto con il presidente dell’Azione Cattolica, Luigi Gedda (il creatore dei Comitati civici, essenziali per la vittoria elettorale della D.C. nel 1948), sotto l’apparenza della scelta religiosa in realtà diede alla Giac una netta spinta a sinistra, determinando all’interno vivaci polemiche, che, nonostante l’appoggio del futuro pontefice Paolo VI, lo costrinsero alle dimissioni nel 1954 (rimase così vincitore Luigi Gedda, al quale però nel dicembre del 1958 Giovanni XXIII non rinnovò l’incarico). Continue reading