La visione politica degasperiana apparirebbe in origine sostanziata da due elementi costitutivi: una concezione cristiana della società, intimamente connessa con l’universalismo cattolico proprio dell’ideologia di cristianità – approfondita in seguito nelle Idee ricostruttive – e inoltre l’esperienza personale di suddito dello Stato plurinazionale asburgico. Entrambi tali elementi precludevano, nel giovane Degasperi, qualunque fascinazione per l’idea di nazione, assurta a simbolo del proprio tempo: nel momento dell’idolatria dell’ideologismo nazionalista, prevaleva in lui piuttosto un’idea europea, non teorizzata ma diremmo – semmai – vissuta e osservata all’interno dei confini fisici della Duplice Monarchia, la cui forma unitaria conciliava la limitazione del potere centrale con le autonomie accordate per via storica, e pertanto in misura incredibilmente eterogenea, alle singole nazionalità costitutive. Continue reading
Monthly Archives: luglio 2011
A proposito di Tettamanzi di Francesco. M. Agnoli
Non sempre condivido le opinioni di Magdi Cristiano Allam (tutt’altro), tuttavia condivido molto (quasi tutto) dell’articolo (pubblicato sul Giornale del 6 giugno) nel quale critica l’appoggio dato dall’arcivescovo di Milano, cardinale Tettamanzi al programma e all’elezione del neo sindaco Pisapia, le idee di entrambi, nonché il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, che vorrebbe imporre il silenzio a chi critica gli uomini di Chiesa, che invece, se hanno diritto (Allam si guarda bene dal metterlo in dubbio) di dire la loro anche sulle vicende politiche, debbono accettare di buon grado le critiche dei dissenzienti.
Chi vi ha interesse cerchi l’articolo nel quotidiano che l’ha pubblicato, qui si riportano le righe finali, che riassumono la contrarietà dell’autore, che ne individua anche le radici storico-culturali, alle politiche e alle idee immigrazioniste del sindaco e del prelato, che ambiscono a fare di Milano un centro di massima accoglienza. “Rivendichiamo – scrive Magdi Allam – il diritto-dovere di sostenere a viva voce che è arrivato il momento di rifondare l’Italia affrancandola dalla strategia massonica che ha ispirato l’unità d’Italia attraverso la guerra e la sottomissione dei popoli, riuscendo a scardinare la nostra anima al punto da farci immaginare oggi che sia addirittura positivo concepirci come una landa deserta per trasformarci in terra di occupazione dell’immigrazionismo, dell’europeismo dei banchieri e del mondialismo capital comunista. È arrivato il momento di far primeggiare l’Italia degli italiani occupandoci di noi italiani prima di preoccuparci degli immigrati; di privilegiare l’Europa dell’anima anziché dell’euro; di scegliere il mondo dell’essere, non dell’avere e dell’apparire!”. Continue reading
Se nel Golan ci fossero stati 23 morti israeliani, caduti sotto il piombo siriano…
di Francesco Lamendola
Domenica 5 giugno 2011 era il 44° anniversario della Nakasa, la bruciante sconfitta subita dagli eserciti arabi nella Guerra dei Sei Giorni del 1967, con la quale non solo svanì il sogno dei profughi palestinesi di poter fare ritorno nei loro paesi d’origine, dopo l’espulsione del 1948, ma altri territori vennero occupati dall’esercito israeliano.
Si trattava delle alture del Golan, sottratte alla Siria; della Transgiordania, sottratta alla Giordania; della Striscia di Gaza e della Penisola del Sinai, sottratta all’Egitto: così, altre centinaia di migliaia di profughi presero la via dell’esilio, mentre gli Arabi che rimasero dovettero adattarsi a vivere sotto un regime di occupazione.
Il Sinai è poi stato restituito all’Egitto, dopo una nuova guerra (quella del Kippur, nel 1973) e il trattato di pace con l’Egitto; Gaza e la Transgiordania avrebbero dovuto costituire il nuovo, fantomatico Stato palestinese; mentre le alture del Golan non sono mai state restituite alla sovranità siriana e, anzi, il governo israeliano ha fatto capire che non lo saranno nemmeno in futuro, data la loro decisiva importanza strategica.
Fu in quella occasione che l’esercito con la stella di Davide occupò il settore giordano di Gerusalemme, aprendo la più grave di tutte le ferite nella coscienza del popolo palestinese e, più in generale, del mondo arabo: perché, oltre al fatto che la città vecchia era abitata da Palestinesi da tempo immemorabile, Gerusalemme è, oltre che il centro morale dell’Ebraismo, anche la terza città santa dell’Islam, dopo La Mecca e Medina, e vanta la presenza di due degli edifici più sacri di quest’ultima religione, la Moschea di Omar e la Moschea di Al Aqsa. Continue reading